sabato 28 febbraio 2009

Ho visto cose che voi esseri umani non potete immaginare...

... ho visto: un gatto (pezzato bianco e nero che pareva una mucca) AL GUINZAGLIO!

... ho visto: un bambino che muoveva i suoi primi passi AL GUINZAGLIO!!

... e tutto questo l'ho visto nell'arco di 14 minuti e in un'area di 14 metriquadrati!!!

mercoledì 25 febbraio 2009

Povia...

Parodie...
- Elio e le storie tese:


- Il ruggito del coniglio:


Questa invece è la canzone reale di Povia:

venerdì 20 febbraio 2009

L'era della tecnologia e dell'informatica

Cambiano i tempi, cambiano i detti, le tradizionie e le abitudini. Cambiano le lingue, cambia la fisionomia della razza umana; con tutte queste cose che cambiano bisogna fare i conti con l'informatica e la tecnologia!
- Al mare:
- In caso di morte:

lunedì 16 febbraio 2009

Mi ricordo di un ricordo...

Quando ero ancora un bambino piccolo e spensierato che giocava con le lego ed andava ai giardini con paletta e secchiello, oltre a mangiare e dormire facevo anche qualcosa di più utile: guardavo i cartoni animati: utile perchè i cartoni animati ai tempi della mia fanciullezza erano belli. Erano cartoni poco violenti (il sangue non esisteva, non moriva mai nessuno, neanche i cattivi più cattivi dell'universo, e spesso non c'erano nemmeno i cattivi). Erano cartoni SEMPLICI: ora se la trama non è complicata nessuno li guarda più, se la storia finisce in una sola puntata il cartone viene snobbato. Erano cartoni fantasiosi: non come adesso che le storie sono tutte uguali tra loro. Erano cartoni con personaggi simpatici o comunque normali nel loro essere diversi: non c'erano gormiti o zozzo simile, erano tutte creature che esistevano in natura, con corpi smussati e senza troppi spigoli, rispettavano (più o meno) le proporzioni, erano armonioso: anche i Biker Mice, i Gargoiles e i Transformers. C'erano le Tartarughe Ninja, c'era Nanà, c'era Bia la Sfida della Magia, c'era Pollon, c'erano gli Street Sharks, e c'era anche Alvaruccio! Uno dei caroni più belli che siano passati nella televisione italiana. Un cartone per bambini, ma se lo guardo adesso me piace lo stesso: è un cartone completo, con tanti lvelli di lettura per grandi e piccini: un cartone animato un po' postmoderno e sempre attuale!

Comincio con la sigla:


...e la prima puntata:

sabato 14 febbraio 2009

San Valentino

Mi chiedo, una che si chiama Valentina festeggia l'onomastico il 14 Febbraio?
Ma che me frega! Non conosco essere umano che abbia quel nome. In questo momento non sono ispirato, non so cosa scrivere. Va bene, vorrà dire che vi ripropongo un vecchio post:

*Quest'estate mentre facevo altro sono stato folgorato sulla via della cucina... l'ispirazione mi ha portato a scrivere qualcosa...*
"Cuore di patata"

Entro in casa con Andrea,

Marco entra ed ha un'idea:

vuol svegliare proprio Ale

che riposa sul guanciale

dopo un tragico incidente

con un pesce un po' pungente.

Ecco che apro la credenza:
caramelle in abbondanza!
una a Marco, a me e ad Andrea,
che gli venga una diarrea!
Vò a buttare le cartacce
dietro mille parolacce
nel sacchetto colorato
che verrà poi riciclato.

Guarda un po' cosa ti vedo,
quasi quasi non ci credo:
sopra mille porcherie
giace un cuore di patata.
E pensare che è immondezza
quella che sta sotto, e puzza!

Un messaggio od un invito,
io comunque l'ho recepito,
che sia cupido, un caso o Dio;
non importa se è stantio,
mangerò dentro al lavello
il contenuto del secchiello!

Ed il succo del componimento,
scritto sol per intrattenimento,
è che l'Amor non solo è cieco e matto,
ma non ha neppure olfatto!

Se poi sei intellettuale
e vuoi trovare una morale,
guarda bene che è palese,
non ci occorre mica un mese!
E' che l'Amor sta sempre sopra,
non c'è nulla che lo copra:
né danaro, ne litigi,
né lavoro, né Parigi,
non vacanze, scemenze o dicerie
e nemmeno mille immonde porcherie!

Lidobello, 10.08.'08
Note:
1) Tutto ciò (beh, non proprio tutto...) è ispirato a una storia vera
2) Io sono io, Marco è Marcoddì, Andrea è Andrea il bolognese, Ale è Sosseri
3) Un pesce un po' pungente: due pesci ragno
4) Sacchetto colorato: sacchetto dell'immondizia per la raccolta differenziata
5) Secchiello: piccolo secchio marrone dell'immondiazia, quello per l'umido
6) Cuore di patata: la buccia della patata era disposta a formare un cuore sopra altra immondezza nel secchiello marrone ormai quasi pieno
7) Parigi: faceva rima!

martedì 10 febbraio 2009

Achtung!

Mi limiterò a proporvi una citazione, senza ulteriori commenti.
"Se si osservano questi malati, si potrebbe vedere che non esiste in loro alcuna volontà. Eppure bisogna tener presente che un tempo erano soggetti sani, dotati di una propria volontà. Ed è proprio la loro volontà di un tempo che deve essere posta a fondamento della decisione se si debba o meno sostenere per questi casi l'idea dell'eutanasia. Alla vista di queste creature nessun uomo sano esprimerebbe mai il desiderio di diventare come loro, una simile aberrazione dell’essere umano. E ciò che desideriamo per noi stessi è lo stesso desiderio, credo, delle persone che un tempo erano sane e che ora sono malate. Si può dunque senza ombra di dubbio pensare che, se il malato fosse consapevole dello stato in cui si trova, chiederebbe egli stesso di abbreviarne la durata. Da ciò traggo il dovere di aiutare queste persone a porre fine alla loro condizione di mortificazione e di sofferenza."
Dott. Viktor Brack,
direttore del programma per l'eutanasia infantile e degli adulti affetti da "malattie mentali incurabili" per conto di Adolf Hitler e del governo nazista, 1939.

sabato 7 febbraio 2009

La follia del mondo odierno

Ci troviamo di fronte ad una situazione che presenta molteplici elementi di novità nel panorama culturale e istituzionale italiano. E' in corso un conflitto istituzionale molto delicato tra il governo e il capo dello stato, ma non ho intenzione di affrontare la questione in questo post. Il conflitto è sorto a causa della eventuale emanazione di un decreto legge d'urgenza che riguarda un tema ancor più delicato: il VALORE della vita. Dal mio punto di vista è gravissimo che si cerchi di far passare il messaggio che la vita è un valore solo religioso, anzi, che è un valore per i cristiani e che la chiesa non si debba intromettere in queste questioni perchè siamo in uno stato laico. Prima di tutto, fin da quando le religioni esistono esse cercano una risposta alle domande esistenziali dell'uomo: chi sono, da dove vengo, dove vado; in altre parole: chi mi ha dato la vita, che senso ha la vita, che senso ha la sofferenza, cosa c'è dopo la morte, ecc. E quindi non si può dire che la chiesa (e le altre autorità religiose) non abbiano voce in capitolo. E' assurdo che per affermare il "diritto" di morire come diritto si accusi la chiesa di intromettersi in questioni che non la devono riguardare, sfruttando il diffuso anticlericalismo dei giorni nostri per dirottare così l'attenzione dal niocciolo della questione, e cioè la discussione sulla vita e su ciò che può considerarsi vita e ciò che non lo è più. Ed è assurdo pure che si tenti di dire che la vita ha un valore solo per il religioso: il valore della vita è un valore LAICO, che anche le religioni accolgono e spiegano ognuna secondo le proprie convinzioni.
Ad ogni modo c'è un'altra cosa che mi turba molto. Mi rivolgo a chi ha animali domestici: lascereste mai il vostro cane, o il vostro gatto, pappagallo, criceto, o pescerosso, o il vostro cavallo morire di fame? Ci scandalizziamo quando vediamo torturare gli animali e consideriamo una cosa del tutto normale che una persona venga lasciata morire di fame. Mi rivolgo a tutti, anche a chi gli animali non li sopporta: si può lasciar morire di fame una persona e far finta di niente? Si può condannare una persona a morire in questo modo? E' una cosa di una crudeltà inaudita. Basterebbe leggere Dante (ai suoi tempi si usavano toni molto meno cruenti di quelli che si usano oggi) per farsi una idea di quanto sia disumano condannare qualcuno a morire di fame. Premesso che sono contrario all'eutanasia, sarebbe però più umano procurarle una morte istantanea, visto che di condanna a morte si tratta. Mi avvio a concludere il mio pensiero. Penso a Hitler: sotto il suo regime coloro che non erano produttivi venivano eliminati; furono eliminati anziani, storpi, handicappati... Oggi c'è chi lotta per permettere che sia staccata la spina a chi vive con l'ausilio di respiratori, a chi ha bisogno di alimentazione, ecc... Non ci si può arrogare il diritto di decidere quando sia ora che una persona muoia, non si può selezionare chi ha diritto a vivere e chi non lo ha, non si può decidere se la vita altrui ha senso o meno, non si possono selezionare vite umane sulla base di un criterio preso come canone e affermato come principio fondamentale. Ma la mia è solo l'opinione di uno che di queste cose ne sa poco. Credo però che non si possa decidere su certe cose quando si è a sangue freddo. Se mi chiedessero cosa farei se mi fossero rimasti solo pochi giorni di vita non saprei rispondere. E' una situazione che uno non può comprendere se non ci si trova dentro. Allo stesso modo, se mi chiedessero cosa vorrei se mi scoprissi malato terminale o se mi ritrovassi a vivere in stato vegetativo, non potri dare una risposta consapevole: sono situazioni molto delicate e troppo estranee per uno che non le vive in prima persona. E se provassi a dare una risposta sarebbe comunque una risposta solo ipotetica, e potrebbe darsi che se fossi in quelle condizioni la risposta sarebbe diversa. Insomma non si può escludere un ripensamento, anzi. E ognuno di noi ha il diritto di cambiare idea. Ma torno a dire che io sono solo uno che ne sa poco di queste cose. Voglio quindi proporvi un'intervista che mi è molto piaciuta, tratta da "Avvenire" del 06/02/2009, rilasciata da qualcuno che è un tantino più ferrato in questo campo:
"L'EUTANASIA? VIA DI FUGA SOLO PER I SANI
Le prospettive cambiano quando la morte ti guarda negli occhi. Quando la diagnosi di una malattia dalla quale non si può guarire viene scritta sotto il tuo nome. Allora non pensi più all’eutanasia, ad abbreviare la tua vita prima del tempo. Tutto si ribalta, valori e convinzioni. Anche se prima, quando avevi il dono della salute, credevi che fosse un diritto e una tua libertà avere una morte degna che abbreviasse le sofferenze. Dopo, invece, vuoi viverla fino alla fine, la tua esistenza. Vuoi aggrapparti a ogni minuto e alla speranza molto umana che alla fine salti fuori una cura miracolosa. Sylvie Menard, 61 anni, parigina e laureata alla Sorbona, è una ricercatrice oncologica che da 40 anni lavora in Italia per trovare cure anticancro. In una delle eccellenze scientifiche italiane, l’Istituto dei tumori di Milano, è stata allieva di Umberto Veronesi ed è stata direttrice del Dipartimento di oncologia sperimentale. Oggi è in pensione, ma collabora sempre con l’ospedale. Il 26 aprile del 2004, a seguito di un malore, le venne diagnosticato un tumore al midollo osseo da cui non si guarisce.
Cosa è cambiato da quel giorno, dottoressa Menard?
Tutto. Mi sono guardata allo specchio e mi sono detta che non era vero, era un errore. Dopo tante sofferenze, ho cambiato le mie convinzioni sulla vita e sulla sua fine.
In che senso?
Sono sempre stata a favore del testamento biologico e dell’eutanasia. Ne avevo scritto uno privato, ma l’ho strappato perché non voglio che ne venga fatto un uso improprio. Non voglio morire, voglio vivere fino all’ultimo. E credo che la scienza debba aiutare a curarmi.
Anche se la sua vita di malata non fosse degna?
Per me è sbagliato parlare di vita indegna e di morte dignitosa. Sono concetti elaborati dai sani. I malati non la pensano così e andrebbero a mio avviso coinvolti e ascoltati qualora si volesse discutere una legge sul testamento biologico. La vita è sempre degna. La verità che si vuole coprire è un’altra: in Italia i malati terminali e le loro famiglie sono troppo spesso lasciati soli e siamo indietro nelle terapie antidolore. Certo, se a una persona sana prospetti una fine sofferta, un’agonia dolorosa, affermerà che preferisce l’eutanasia. Ma in un paese davvero civile esistono alternative. Se una persona è depressa e vuole suicidarsi, non mi pare etico darle una mano e spingerla giù da un parapetto.
Qualcuno potrebbe obiettare che va evitato l’accanimento terapeutico...
Mi sono convinta in 40 anni di lavoro e ascoltando le esperienze in corsia dei colleghi che in realtà non esiste accanimento. Anche questo è un problema posto dai sani. Sono le famiglie e i malati terminali a chiedere di non sospendere le terapie, a sperare che la prossima cura sia quella giusta. Nessuno accetta di sentirsi dire che non c’è più nulla da fare.
Solitudine delle famiglie dei pazienti e arretratezza della ricerca. Con le differenze del caso, non è la situazione degli stati vegetativi?
Sicuramente. Non sono una specialista, ma sono una ricercatrice e mi fido solo dei dati. Anzitutto, degli stati vegetativi la scienza medica sa ancora troppo poco. Poco o nulla è dimostrato perché non è un settore che abbia interessato molto questa sanità sempre alla ricerca di fondi. Di conseguenza c’è molta disinformazione. Basta leggere quello che pubblicano molti giornali sulla vicenda di Eluana. In alcuni si parla a sproposito di questi malati, definendoli ad esempio "comi vegetativi" che non esistono. Eluana, poi, vive senza macchinari e non è terminale. Poiché la scienza non conosce il suo stato di coscienza, mi domando perché uccidere questa donna sia diventata la prova che l’Italia è un paese civile. Se vi sono dubbi sulla sua vita, non si risolvono ammazzandola.
Come valuta la vicenda?
C’è un padre che si è trovato solo ed è stato convinto da alcuni medici che sua figlia deve morire perché quella che sta conducendo non è vita. Eppure il cuore di Eluana batte e lei respira. Come fa uno scienziato, un medico, ad affermare che non è viva? E che non soffrirà se le verrà sospesa l’alimentazione? Le suore Misericordine di Lecco che hanno assistito Eluana per anni, pur senza una laurea in medicina, non hanno dubbi sul fatto che sia viva. Altro paradosso, qualche tempo fa si era letto che la donna aveva avuto gravi problemi rischiando di morire. Allora perché l’hanno fatta curare?
Il professor Defanti ha definito la sospensione dell’alimentazione una morte dolcissima.
È l’uomo che ritiene di cominciare da oggi a dimezzarle l’alimentazione, atto ancor più crudele. Mi chiedo cosa ne sappia, certo non ha mai parlato con uno di questi pazienti. Se si sbaglia e queste persone provano sensazioni, immaginate cosa patirà Eluana quando le toglieranno il sondino per l’alimentazione e morirà di fame e sete in 15 giorni.
Eluana avrebbe detto a famigliari ed amiche di preferire la morte allo stato vegetativo.
Può darsi. Ma chi ha la certezza che anche se in stato vegetativo, oggi non abbia cambiato idea preferisca vivere? La scienza non ci offre sicurezze.
Cosa rischia l’Italia con questa vicenda?
Se la sentenza viene eseguita, si rischia di aprire una porticina verso la morte in cui possono scivolare prima di tutto le 2500 persone in stato vegetativo in Italia. Senza contare i malati di Alzheimer e le demenze senili. Vi saranno infatti medici e famigliari che si chiederanno perché loro devono continuare a vivere se Eluana è morta. Qualcuno potrebbe anche farsi venire la tentazione di far pulizia delle persone che non sono sane e perfette. Neonati compresi.
Una vera e propria deriva di morte a suo giudizio, insomma.
Si, senza contare il messaggio culturale falso e offensivo verso i malati in stato vegetativo e le loro famiglie che soffrono e fanno dei sacrifici enormi per amore dei loro cari. In pratica si dice loro che è tutto inutile, che i loro congiunti stanno vivendo una vita indegna. Questa cultura mi fa paura perché rifiuta chi è diverso, il malato e assegna ai sani il diritto di decidere chi può vivere.
Dottoressa Menard, lei crede in Dio?
No, ho avuto un’educazione cattolica, ma non sono riuscita a conciliare fede e scienza. Da quando ho il tumore vorrei tanto credere in Dio, mi aiuterebbe. Dalla vicenda di Eluana sembra che siano solo i cattolici a difendere la vita. Che non credenti e laici siano per la morte. Invece non deve essere così, la vita è un diritto che va difeso da tutti."
Chi è Sylvie Menard:
Sylvie Menard, 61 anni, parigina, è arrivata in Italia nel 1969 dopo aver studiato medicina alla Sorbona. Nel nostro Paese è rimasta per amore, ha sposato un italiano. La sua carriera di oncologa si è svolta nell’Istituto dei tumori di Milano, allieva di Umberto Veronesi, dove è diventata direttrice del dipartimento di oncologia sperimentale. Ricercatrice, ha approfondito diversi aspetti e prodotto anticorpi monoclonali utili per la cura del cancro. Negli ultimi 20 anni tutto il suo impegno professionale si è indirizzato allo studio del carcinoma della mammella e alla biologia del tumore. Ha mosso i primi passi a fianco di Veronesi, condividendo per anni la stessa impostazione filosofica, notoriamente a favore dell’eutanasia per i malati terminali. Ma il 26 aprile 2004, dopo un malore in mensa, si sottopose ad esami clinici approfonditi. La diagnosi non lasciava scampo, tumore al midollo osseo. Un male inguaribile. Per la donna fu un colpo terribile. Ci mise del tempo ad accettare il male. Poi decise di combattere la sua battaglia e di curarsi. Questa decisione l’ha portata a rivedere molte delle sue convinzioni mediche e bioetiche. Un’esperienza unica, dato che le correzioni sono state apportate da un’oncologa di altissimo livello scientifico. Anzitutto ha dovuto affrontare la depressione indotta dai farmaci, della quale ha riconosciuto il carattere di malattia, mentre in precedenza attribuiva ai depressi una gran parte della responsabilità del loro stato. In seconda battuta ha compreso che il paziente è anzitutto una persona. Quindi ha rivisto radicalmente le sue idee sulla dichiarazione anticipata di volontà o testamento biologico. La sua esperienza le ha insegnato infatti la differenza fra il prima e il dopo della diagnosi di malattia inguaribile e letale. Così Sylvie, che aveva redatto il suo testamento biologico, si è subito affrettata a distruggerlo una volta scoperta la malattia. Oggi è contraria all’eutanasia e chiede che su questi aspetti vengano sempre ascoltati i pazienti terminali. La sua storia di oncologa malata di cancro è stata raccontata in un libro appena pubblicato «Si può curare», edito da Mondadori.
Da "Avvenire" del 06/02/2009
Magari può servire per riflettere un po' in un periodo in cui ogni pretesto è sfruttato per evitarci di pensare.

martedì 3 febbraio 2009

Come togliere la puzza di fritto in cucina

Avete presente l'odore della frittura che appesta la cucina di casa vostra quando friggete qualcosa? Prima di iniziare a cucinare, prendete mezza mela, togliete i semi e friggetela nell’olio bollente. Bibidi-bobidi-bù e l'odore di fritto non c'è più... quasi!

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